Piero Antonio Toma

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Piero Antonio Toma

    giornalista professionista

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Renato Caccioppoli
L'enigma

Edizioni Scientifiche Italiane,
Napoli, 1992 [2a ed. 2004]

Sul grande matematico napoletano Renato Caccioppoli, nel 2004 cade il centenario della nascita, sono fiorite leggende a non finire. Non faceva nulla per impedirle o per assecondarle. Semplicemente non gliene importava nulla. Pazzo, anarchico, ubriaco, partigiano della Pace, comunista dissenziente, "tombeur de femmes", pianista e musicista eccezionale, nottambulo, oratore facondo e fecondo nel privato e nel pubblico, matematico così insigne da non riuscire a far di conto, poliglotta, parlava perfettamente 

seconda edizione aggiornata - 2004

Renato Caccioppoli,piero antonio toma

cinque lingue), esperto di letteratura e di quella francese in particolare, critico e cultore finissimo di cinema, suicida "scientificamente" all'altezza. Che di più?

Il tesoro di Pescocostanzo
Luigi Di Tella,
Pescara, 1991 [I ed.]
Compagnia dei Trovatori Napoli, 2007  [II ed.]

Che cosa c'era di così attraente in una comunità di poche centinaia di abitanti arroccata fra le montagne (allora) impervie, a 1400 metri di altezza? Prima risposta: era di strada. Una sorta di stazione di posta che legava Napoli, via via angioina, aragonese, vicereale e borbonica, prima a Firenze e poi a Milano, Bologna e Venezia. Pescocostanzo si collocava nel bel mezzo di quella "via degli Abruzzi" fra Nord e Sud, scelta dai mercanti e diplomatici fiorentini e napoletani per scansare Roma, le sue paludi, i suoi briganti e forse soprattutto il… papa.
Ok dunque per la stazione di posta. E poi? Uno si ferma, si rifocilla e prosegue. A Pescostanzo no. Perché man mano si va formando una classe artigianale coi fiocchi, come a quei tempi (ed anche dopo) non se ne trovano di eguali in altra parte d'Italia. 

Pescocostanzo 

Ho detto proprio classe artigianale, che or ora diventa borghese, ecclesiastica, aristocratica. Dal binomio agiatezza e cultura deriva la ricca committenza d'arte. Qui, a Pescostanzo, c'è la pietra per i marmorari e gli architetti, qui il legno per gli intagliatori, gli intarsiatori, i falegnami, e si fa venire da fuori il ferro per "battere" e modellare austere cancellate, balconi barocchi, ascetiche grate; l'oro e l'argento per tesserne in filigrana le trame più delicate; il refe per il tombolo. Qui la lana (con gli armenti è di casa) che le donne piegano alla tessitura dei tappeti. 
Il libro ha un andamento narrativo da thriller  incalzante di una vera e propria "caccia al tesoro"

Storia del porto di Napoli
Sagep Editrice,
Genova, 1991

Fino a pochissimi anni fa fra il porto e la città, divise da una piccola grande muraglia, più psicologica che fisica, non è mai corso buon sangue. Questo volume, pubblicato a Genova agli inizi degli anni 90, e primo della storiografia moderna sull'argomento, ne avalla numerosi passaggi. A dar retta al binomio mare-terra, Napoli non è stata né Genova né tantomeno Venezia. Eppure alcuni snodi principali della sua storia "terragna" 

Porto di napoli,piero antonio toma

passano attraverso le vie del mare e il porto che ne rappresenta l'incubatrice. Non manca una invidiabile galleria genealogica, Celano, Capasso, Schipa, Croce.

Lunario d'estate
Edizioni Agea,
Napoli, 1986

.… "Lunario d'estate" è l'opera di un poeta "irregolare" (ma sono mai regolari i poeti?) che vive e concepisce il verso in maniera assai personale.
Intanto è un poeta della memoria, come se soltanto attraverso il ricordo riuscisse a possedere o meglio ancora a capire gli avvenimenti, gli episodi della storia e dell'esistenza. Sarebbe fin troppo facile evocare qui precedenti, ascendenze o filiazioni (Cardarelli, Salinas, Caproni, ecc.). Il dato certo è che la vita sfugge mentre viene vissuta e soltanto "dopo" è possibile possederla realmente. Ma il "dopo" può significare anche che è tardi, quando le occasioni si presentano sfiorite, adultere, col segno triste della sconfitta. Si potrebbe pensare ad un crepuscolarismo alla 

Lunario d'estate,piero antonio toma

 

Corazzini, tutto consapevole e sofferto. Si veda la "Lettera ad un amico" laddove il senso del "già vissuto", del pretermesso, del consumato appare come la cifra esistenziale di un destino compromesso che si "riscatta" nella conquista di una memoria "proustiana", non effimera e caduca. Perché il senso è questo: la memoria non solo prolunga l'esistenza, ma la caratterizza e la qualifica consentendo all'individuo di riappropriarsi per così dire del passato o più ancora di ciò che conta il passato".
(Antonio Filippetti)

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